Peppe Valarioti, ispirazione del Collettivo

Peppe Valarioti, insegnante e politico calabrese vittima di 'ndrangheta

L’11 giugno 1980 veniva ucciso Peppe Valarioti. Succedeva vicino Rosarno, e Giuseppe, detto Peppe, Valarioti aveva trent’anni. Peppe Valarioti era un insegnante, un archeologo, un attivista per i diritti dei lavoratori, ed era un politico. È stato assassinato dalla ‘ndrangheta perché era diventato promotore di cambiamento, perché non si è coperto gli occhi di fronte ai meccanismi della mafia e perché, soprattutto, aveva messo in moto processi virtuosi.

Disegno Valarioti
Disegno di Valeria Garisto

Valarioti era al fianco dei braccianti agricoli, era al fianco dei lavoratori. Lottava per estirpare la logica ‘ndraghetista dal lavoro, genuino e leale, della terra. I suoi genitori erano contadini, Peppe conosceva la fatica di quel duro lavoro, le giornate nei campi, i calli sulle mani, lo sforzo che ne derivano.
Per questo, e per i suoi ideali di giustizia, onestà e moralità, Peppe ha passato la sua intera vita adulta a cercare di riconferire dignità, e onestà, a quel lavoro agricolo e ai suoi lavoratori, stretti, loro malgrado, tra due fuochi: quello della gestione criminosa, che ne annulla i diritti, e quello della politica, che non sempre sa rispondere in modo adeguato alle loro esigenze.

Il Collettivo e Peppe Valarioti

Abbiamo deciso di intitolare la nostra associazione a Peppe Valarioti perché ci siamo identificati pienamente nei valori che lo animavano.
Quando abbiamo iniziato il nostro lavoro, nel 2020, il primo progetto al quale ci siamo dedicati è stato lo studio delle condizioni abitative dei braccianti che lavorano nella Piana di Gioia Tauro e l’analisi della situazione politico-amministrativa che ha portato allo spreco di milioni di fondi pubblici e alla tendopoli di San Ferdinando, vicino Rosarno.

"Terra di schiavitù. Così è, da almeno 40 anni, tanto per i calabresi autoctoni che lavorano i campi quanto per gli ultimi tra gli ultimi, i migranti senza documenti. Libera è solo la decisione se continuare ad esserlo".

Durante le nostre ricerche abbiamo scoperto che Valarioti, quarant’anni prima, aveva lottato e a aveva portato avanti una grande battaglia in favore dei diritti dei braccianti della Piana. Questo ha fatto scoppiare la scintilla e ci siamo sentiti fin da subito legati alla figura di un uomo che ha rischiato e perso la vita combattendo per i diritti delle persone sfruttate. 
Sono trascorsi decenni da quando la forza bruta e mafiosa ha prevalso, ancora una volta, sul coraggio e l’impegno. L’impegno di un uomo che, forte della sua educazione, delle sue origini contadine, del suo amore per lo studio, si è fatto portavoce dei bisogni della sua comunità, e si è battuto per cambiare la rotta.

Un altro motivo ci ha spinto a intitolare l’associazione a Peppe Valarioti. Quando abbiamo conosciuto la sua storia abbiamo deciso che uno degli obiettivi del nostro lavoro sarebbe stato restituirle la dignità del ricordo. Siamo felici, quindi, di aver contribuito nel nostro piccolo a far sì che, dal 2020, il nome di Peppe Valarioti venga pronunciato con più frequenza.
Così come siamo stati felici la prima volta che siamo entrati in Parlamento per la battaglia del voto ai fuorisede di aver fatto “entrare” il nome di Peppe in un luogo così importante: “abbiamo portato a Roma, tra le stanze del potere, il tuo nome, Peppe. Il ricordo di te, delle tue battaglie che, se le cose fossero andate diversamente, avrebbero potuto cambiare la storia della nostra Regione”.

A Peppe Valarioti il Collettivo non è solo intitolato, è soprattutto ispirato.

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